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La matassa che sono: Le difficoltà che non si vedono

🔵 Capitolo 3 Quando pubblico una mia creazione, spesso ricevo complimenti. E li apprezzo con il cuore, davvero. Ma a volte mi chiedo: cosa vedono le persone, davvero? Vedono il lavoro finito, ordinato, armonioso… magari anche fotografato bene. Quello che non si vede è tutto ciò che c’è stato prima. Non si vedono le serate passate a districare nodi con le mani stanche, né i progetti disfatti all’ultimo giro perché “non convincevano”. Non si vedono le volte in cui ho lasciato lì il lavoro perché ero troppo stanca, ma anche troppo delusa da me stessa per continuare. Non si sente quel silenzio un po’ amaro quando ti rendi conto che, nonostante l’impegno, non sempre il risultato è quello che avevi immaginato. Ci sono giorni in cui l’uncinetto mi sembra un’estensione naturale di me, e altri in cui è una lotta. Giorni in cui ogni punto scorre e altri in cui sbaglio anche le cose più semplici. Eppure, alla fine, torno sempre lì. Torno a quel gesto che conosco a memoria, che mi riporta in me a...

La matassa che sono: quando ho capito che l'uncinetto era più di un hobby

🔵capitolo 2 Per molto tempo l’uncinetto è stato per me un rifugio. Un’attività che facevo con il cuore, nel silenzio, nei ritagli di tempo. Poi è arrivato quel momento in cui ho sentito che volevo condividere di più. Non solo i miei lavori, ma anche la passione che ci stava dietro. Così ho deciso di partecipare ai mercatini per hobbisti. Era un piccolo passo, ma per me significava tanto. Ricordo la prima volta che ho allestito il mio banchetto: ero emozionata, orgogliosa. Ogni creazione era lì, in bella vista, con i suoi colori, i suoi dettagli, le sue ore di lavoro silenzioso intrecciate dentro. È stata una bellissima esperienza, perché mi ha permesso di uscire dal mio spazio personale e incontrare persone, ascoltare le loro storie, ricevere sorrisi sinceri. Ma non è sempre stato facile. Col tempo, ho iniziato a sentire una stanchezza che non era solo fisica. Quando qualcuno mi chiedeva: ‘Ma quanto vuoi per questo?’, e poi aggiungeva: ‘Ma lo fai per hobby, no?’, come se il mio tempo ...

Il vero valore dell'handmade

La storia nascosta in ogni mio punto Oggi vorrei riflettere su un concetto fondamentale: il valore dell'handmade. Un oggetto fatto a mano non è semplicemente un prodotto, come un maglione comprato in fretta o un accessorio seriale.  È, invece, una storia di tempo, pazienza e dedizione. Ogni singolo punto che creo porta con sé la mia energia, l'idea che l'ha ispirato e le ore di lavoro investite.  Quando scegli un pezzo fatto a mano, non stai solo acquistando qualcosa; stai acquisendo un'emozione e una storia unica. Questo, per me, è il vero e profondo valore dell'handmade. L'ingrediente segreto: tempo non quantificabile Nella nostra cultura della velocità, il tempo è spesso visto come un costo da ridurre. Ma nel mondo dell'uncinetto e della creazione a mano, il tempo è l'ingrediente più prezioso. Ogni progetto inizia molto prima del primo punto: c'è la ricerca del filato perfetto, la progettazione del modello, e le ore dedicate ai prototipi. E poi c...

Come scelgo i colori per i miei progetti

 Come scelgo i colori: pancia, istinto o memoria? Se qualcuno mi chiedesse qual è il mio metodo per scegliere i colori, probabilmente resterebbe deluso: non ho regole precise, nessun manuale segreto da svelare. Per me i colori si scelgono con la pancia, con l’istinto e, a volte, con un pizzico di memoria. La pancia mi guida quando lascio che sia l’emozione del momento a decidere. Ci sono giorni in cui un gomitolo rosa mi sorride e io so già che sarà lui il protagonista, senza bisogno di ragionarci troppo. Altre volte è l’istinto a portarmi verso una combinazione improvvisa, magari rischiosa, ma che mi fa sentire viva e curiosa. E poi c’è la memoria: i colori che porto dentro perché mi ricordano un ricordo, una stagione, un’atmosfera. L’autunno, ad esempio, mi porta sempre verso i toni caldi, quelli che sanno di foglie che cadono e di tisane fumanti. L’estate, invece, mi chiede leggerezza: tinte pastello, fili che sanno di mare e di giornate chiare. E il rosa, il mio colore del cuor...

Creatività a maglie larghe: quando disfare è anche un modo per creare!

  Oggi riflettevo sulla mia creatività... Non si ferma mai. La mente corre, sperimenta, disfa e ricuce. È una presenza costante, una spinta interiore che mi porta a cercare sempre un'idea nuova, un modo diverso, una strada meno battuta. In questi giorni ho stravolto – ben tre volte – un capo iniziato, perché non mi convinceva. Alla fine l’ho accantonato, aspettando che l’intuizione giusta si manifestasse. Un altro progetto? Quasi finito, ma... il filato non bastava. E no, non mi andava di comprarne ancora per poi ritrovarmi con l’ennesimo avanzo senza destino. 💡 Idea! Ho guardato nei miei gomitoli e ho trovato il filato perfetto per completarlo. Anzi, ha ispirato un tocco creativo anche nella rifinitura. Una svolta inaspettata. Ma non è finita qui… C’era anche un esperimento lasciato in sospeso: uncinetto e tessuto, abbozzato su uno schizzo e infilato in un sacchetto. Più lo osservavo, meno mi convinceva. Poi, di nuovo, quella scintilla: ho preso il manichino, bloccato il pezzo co...

Il mio primo fallimento creativo (e cosa mi ha insegnato)

  C’è sempre una prima volta… anche per i disastri. Il mio primo “fallimento creativo” aveva la forma di una sciarpa. O meglio, avrebbe dovuto averla. Doveva essere lunga, elegante, con un motivo traforato che avevo visto su una rivista. Invece è venuto fuori un coso. Un coso strano, arricciato su un lato, tirato sull’altro, con una forma che sembrava… boh, un lombrico stanco. E sai la cosa peggiore? Ci avevo messo una settimana. Con tutta la convinzione di chi si sente già “designer delle meraviglie”. Alla fine del settimo giorno, invece di ammirarla con orgoglio, ho guardato quel pezzo di filo con delusione. E ho pensato: “Non fa per me”. Poi ho fatto una cosa che oggi, ripensandoci, mi fa sorridere: ho disfatto tutto. Ho tirato via ogni punto, lentamente, come a dire al filo: “Ok, ricominciamo da capo. Ma stavolta insieme”. Quella “sciarpa mancata” è diventata poi una presina. La presina più storta del mondo, ma anche la prima creazione che ho finito con il sorriso. Perché avevo...

Quella volta che un gomitolo mi ha salvato l’umore – La Matassa che sono

Immagine dal web  📃Un racconto vero e delicato su come un semplice gomitolo può trasformare una giornata storta in un momento di pace. Una storia per chi ama l’uncinetto… e ha bisogno di respirare 🧶🧶🧶🧶🧶🧶 C’era una giornata no. Di quelle grigie dentro, anche se fuori il cielo era azzurro. Una di quelle in cui ogni cosa sembra pesare più del dovuto: i pensieri, i silenzi, anche le tazze nel lavandino. Mi giravo intorno e niente mi sembrava abbastanza. Né utile, né bello, né risolvibile. Poi, quasi per istinto, ho aperto il cassetto dei filati. Un gesto piccolo. Di quelli che non promettono nulla. E invece c’era lì, in un angolino, lui: un gomitolo color pesca, soffice e un po’ spettinato. L’avevo comprato anni prima prima “perché mi faceva sorridere”, e poi utilizzato per un progetto dimenticato nel cassetto  Quel giorno, però, non cercavo l’utile. Cercavo solo una scusa per respirare piano. Senza uno schema, senza un progetto, senza un perché, ho preso l’uncinetto e ho c...

La matassa che sono: la mia storia gomitolosa

Un racconto autobiografico per raccontare chi sono da dove vengo e cosa mi  ha portata fin qui, tra gomitoli, ricordi e creatività. 🔵Capitolo 1 Il primo filo, tra banchi di scuola e aghi smarriti Quando mi chiedono da quanto tempo lavoro all’uncinetto, non so mai se rispondere con un numero… o con un sorriso. La verità è che il mio primo uncinetto non era nemmeno mio, era di mia mamma , che però faceva la sarta e sapeva a mala pena fare la catenella  Ma un giorno apparve improvvisamente nel suo cestino del lavoro Un oggetto misterioso, sottile e un po’ magico, custodito in una scatola che sembrava vietata ai bambini. Ma il vero incontro non avvenne lì. Fu a scuola, alle medie, quando c’era ancora quella materia che si chiamava “educazione tecnica” — e che in realtà sembrava divisa in due: ai maschi cacciaviti e circuiti elettrici, a noi femmine ago, filo e pazienza. Ricordo ancora la sensazione dei primi punti: un misto di frustrazione e meraviglia. Il filo si aggrovigliava, ...